Frammento centoquattroesimo

“Vennero di Venerdì. Combatterono il Sabato. Seppellirono i propri morti di Domenica. E fecero ritorno alle proprie case in Lunedì…”.

L’incipit di un capitolo di uno dei (tanti) racconti che, come al solito, per mancanza di tempo, ho cominciato soltanto ad abbozzare.

Racconti: volume #7

Parecchi anni or sono, indicativamente nell’Autunno 2011 (ho il dono di possedere una memoria discretamente ferrea), mio padre comprò un album dei Old Blind Dogs (gruppo di musica folk scozzese). Lo ascoltai sempre con piacere, in particolare la riproduzione di un ballata popolare inglese: Edward.

Ispirato dalle note e dal tema trattato, ne riscrissi i versi, incentrando il racconto non più su un parricidio, ma bensì su un’amore non corrisposto. A distanza di molti anni ho recuperato il testo composto all’epoca, il quale era stato completamente dimenticato invero in tutti questi anni. Il ritrovamento è stato del tutto inaspettato: stamane, riordinando una vecchio armadio, mi sono imbattuto in una cartelletta polverosissima, non aperta praticamente da secoli, la quale conteneva la chiavetta USB che utilizzavo ancora alle superiori.

Dunque decido di postare qui tale componimento. Senza modifica alcuna. Al lettore le sue conclusioni.

“Perché stai fuggendo nella notte
Edward, Edward?
Perché stai fuggendo nella notte
che è cosi fredda e cupa

Fuggo dai miei genitori
mia amata, mia amata
fuggo dai miei genitori
i quali vogliono tenermi nella mia giovinezza

I tuoi genitori sono fantasmi dell’infanzia
Edward, Edward,
I tuoi genitori sono fantasmi dell’infanzia
non è di questo che hai paura

Fuggo dai miei amici
mia amata, mia amata
fuggo dai miei amici
nell’ipocrisia ho scoperto il loro segreto

Segreto che hai sempre saputo
Edward, Edward
segreto che hai sempre saputo
e dolor non ti causò

Fuggo dalla mia casa
mia amata, mia amata
fuggo dalla mia casa
nella quale tristi ricordi ho

I ricordi scompaiono con il tramonto
Edward, Edward
I ricordi scompaiono con il tramonto
e tu lo sai bene

Fuggo da te
mia amata, mia amata
fuggo da te
cosi il dolore forse pace troverà

E che cosa lasci ai tuoi genitori
Edward, Edward
E che cosa lasci ai tuoi genitori
che affettò ti donarono

Lascio felici ricordi
mia amata, mia amata
lascio felici ricordi
che solo la morte cancellerà

E cosa lasci ai tuoi amici
Edward, Edward
e cosa lasci ai tuoi amici
compagni delle tue numerose avventure

Lascio la gioia di una vita felice
Mia amata, mia amata
lascio la gioia di una vita felice
e un ricordo che svanirà nella nebbia

E cosa lasci a me
Edward, Edward
e cosa lasci a me
tuo unico e vero amore

Lascio un enorme vuoto
mia amata, mia amata
lascio un enorme vuoto
lo stesso che mi hai dato quando mi rifiutasti”

Liberamente ispirata alle note e al testo di Old Blind Dogs: “Edward” (1999).

«Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza.

Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient’altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai.

E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi.

È dall’altra parte della vita.»

Louis-Ferdinand Céline: “Viaggio al termine della notte” (1932).

Racconti: volume #6 (inconcluso)

Nel periodo 2014-2015, circa, ho pubblicato cinque brevi racconti sui più disparati temi. Ve ne fu anche un sesto, ma che non venne completato ne, ovviamente, pubblicato. Mi sono imbattuto oggi, riordinando il mio archivio digitale, nella sua bozza originale. Decido dunque di pubblicarlo qui anche solo per memoria storica. Purtroppo ho completamente perso l’ispirazione nel completarlo, motivo per cui dubito fortemente che verrà un giorno ultimato. Comunque ecco la bozza. A voi le dovute considerazioni.

Jackie Cane, ma dov’eri finita?
Credevi di poter sparire cosi, lasciandomi senza parole
tra un punto e un periodo, all’inizio del capitolo
dove finisce la carta e comincia la realtà? “

Non basta una Colt e qualche rapina nell’Arkansas
per essere la Clyde di un romanzo rosa qualsiasi,
Non basta un L-10 e un giro intorno al mondo
per essere l’ Amelia del prossimo Colossal

Jackie Cane, per me non è facile
la mia penna racconta ciò che non puoi scegliere
in tutte le storie che ho scritto e poi dimenticato
sei stata strega, regina, comparsa e puttana

Se solo avessi avuto un’idea migliore
saresti stata

Questo è l’epilogo per Jackie Cane,
ovvero l’espediente narrativo
usato per terminare il racconto
di un povero scrittore mancato

Liberamente ispirata a:

“Jackie Cane was everybody’s sugar
She gave it all wherever it took her
They used her up before the sell-by date
To be so sweet was her only mistake
The only flower in a concrete garden
Destined to be the rock that wouldn’t harde”

“Jackie Cane era lo zucchero di tutti
Lei lo regalava tutto a chiunque la prendesse
La usavano fino alla data di scadenza
Essere così dolce era il suo unico errore
L’unico fiore in un giardino di cemento
Destinato ad essere la roccia più dura”

Hooverphonic: “Jackie Cane” (2000)

(14) Però

“Però,
quel barcone alla deriva nel Mediterraneo
nel cui ventre sono stipati i figli della disperazione
partiti con la speranza di trovare la salvezza
in terre più aride del deserto che li partorì

Però,
quei proiettili per le strade di Parigi
la notte in cui i kalashnikov si misero a pregare
quando l’odio abbracciò la fede
e divenne propaganda per falcidiare gli infedeli

Però,
quell’enorme cattedrale a Bruxelles
dove tacciono i governi e parlano i burocrati
monumento a un continente in rovina
imprigionato in una politica di carta

Però,
quel missile alle porte di Pyongang
pronto a immolarsi se la storia lo richiede
la giusta ricompensa di un regime per il suo popolo
sacrificato nel nome dell’ideologia
la cui dignità fu sostituita da una fiammante divisa rossa

Però,
quel guerrigliero morente a Raqqa
tra le macerie e i carri in fiamme il suo ultimo rantolo di vita
sorvolerà il campo di battaglia e raggiungerà l’etere
è un forte sussurro che scuote la fondamenta del mondo
il cui messaggio si stringe a una sola parola: libertà”

Liberamente ispirato al brano Franco Battiato: “Aria di Rivoluzione” (1973) e alla poesia Wolf Biermann: “Wer von uns wäre nicht gegen den Krieg”, entrambe reperibili qui.

(10) Se

“Se dovessi pensare a tutte le parole che ho detto
chiedendomi quali meritavano di essere pronunciate
addossando una dolorosa colpa per quelle dettate
dalla rabbia, dall’idiozia e dall’ignoranza

Come potrei mai sopportare il suono della mia voce?

Se non riuscissi più a sopportare le fatiche
continuando il mio cammino solo per inerzia
con la consolazione della retorica più banale
riciclata dalle frasi fatte da qualcun altro

Come potrei mai contemplare l’orizzonte della mia vita?

Se guardando un mio riflesso
non vedessi la persona che vorrei diventare
ma soltanto ciò che ero
e ciò che non avrei mai voluto essere

Come potrei mai avere il coraggio di guardare la mia ombra?

Se le preoccupazioni per il domani
non fossero vinte dalla speranza dell’ottimismo
ma lasciassero il posto al timore perenne
della vergogna del fallimento

Come potrei mai svegliarmi dal mio torpore nell’alba di un nuovo giorno?

Se l’amore che tiene viva la mia penna
dovesse mai smarrirsi nella noia di una giornata
perduta tra le rime scritte
di un post nato dalla sola pigrizia

Come potrei mai perdonarmi un simile torto?

E se dovessimo perderci
tra le intricate strade della vita
dopo esserci conosciuti in questo
breve istante di esistenza

Come potrei mai dimenticare quello che abbiamo vissuto?”
 

Liberamente ispirata da (i più musicòmani avranno sicuramente riconosciuto il brano):

“You could say I lost my faith in science and progress
You could say I lost my belief in the holy church
You could say I lost my sense of direction
You could say all of this and worse but”

“Potresti dire che ho perso la mia fede nella scienza e nel progresso
Potresti dire che ho perso la mia fede nella Santa Chiesa
Potresti dire che ho perso il senso dell’orientamento
Potresti dire tutto questo o peggio ancora, ma”

Monita Tahalea ft. Indra Lesmana: “If I Ever Lose My Faith In You (Sting Cover)” (2013)

Volume [7]: alto.

“Sussurrate più forte
Devo raggiungere l’infinito
Volando sopra l’immenso
Per soffocare nel vuoto

Sussurrate più forte
Devo morire da simulacro
Verrò ricordato come un Dio
Per la religione degli idioti

In alto, ancora più in alto, dove il sole è collassato !
In alto, ancora più in alto, dove il sole è collassato !

Sussurrate più forte
L’eternità sta vibrando
Ascoltate questo dolce lamento
Di un mondo che imploderà nella noia

Sussurrate più forte
Ho generato il tempo da un codice DOS
Seguite questo asfalto e troverete la salvezza
Ascoltate questo ruggito e udirete la mia ira

In alto, ancora più in alto, dove il sole è collassato !
In alto, ancora più in alto, dove il sole è collassato !”

Liberamente ispirata a:

“Plain talking (plain talking)
Take us so far (take us so far)
Broken down cars (broken down cars)
Like strung-out old stars (like strung-out old stars)”

“Parliamoci chiaramente (Parliamoci chiaramente)
Ci hai portato cosi lontano (Ci hai portato cosi lontano)
Macchine fracassate (Macchine fracassate)
Come vecchie stelle spente (Come vecchie stelle spente)”

Moby: “Lift Me Up – Evan Bernard version” (2005)

Volume [6]: Specchi e fumo

“Alla fine la tempesta di ruggine cessò
profondi mari di detriti e nuvole di polvere
ruggiti metallici simili a lamenti
il mondo delle macchine si scuoteva ancora

Vagare nella grande cattedrale del ferro
in una mano la morte, nell’altra la vita
dividendo il silenzio dal frastuono
la fame dalla rabbia

Tutto ciò che vedo sono specchi e fumo
un sogno di tanti anni fa che mi è crollato addosso
non voglio credere che sia finito
non voglio credere che sia cominciato

Un tuono di luce tra le macerie
legno, carta, metallo e ricordi
una chitarra elettrica sta finendo di pregare
ma io non riesco a sentire nulla

Cavi d’acciaio conducono al paradiso
e io cosa sto ancora cercando ?
Assetato di speranza
mi aggiro senza meta tra le strade della memoria

Ditemi quale peggiore maledizione possa esistere
ho creato il nulla e il nulla mi ha distrutto
galleggiando sospeso nell’elettricità
scomparendo in un sospiro di grigio

Davanti a me solo fumo e specchi
non voglio credere che sia già finita
ricordo di un sogno che mi è crollato addosso
mi ha portato al mistero
ma non me l’ha mai svelato”

Liberamente ispirata a un sogno di tanti anni fa e a:

“I’m feeling far away, I’m feeling right there
Deep in my heart, deep in my mind
Take me away, take me away
This is my word; dream taker, life taker”

“Nel profondo del mio cuore, nel profondo della mia mente
Portami via, portami via
Questa è la mia parola; portatore di vita, portatore di sogni”

Imagine Dragons:”Smoke and Mirrors” (2015)

Racconti: volume #5

A cosa pensa l’onda prima di infrangersi sugli scogli, nel morire fra le grida del vento ? Tra la dura roccia e il sapore del sale, in un instante di meraviglioso caos, danzando tra mille forme e mille colori.

A cosa pensa l’ultima foglia dell’Autunno mentre sta cadendo ? Un’intera vita alla luce del sole tra le carezze del vento, adesso nel freddo cemento dell’asfalto. Sepolta nell’angolo della strada, tra i passi della gente e gli sputi degli incivili. Aspettando che almeno la prima pioggia abbia pietà e la porti in un qualsiasi altro luogo.

Noi possiamo condannarci o assolverci, possiamo annegare nel passato o salvarci nel futuro. Possiamo distruggere o raccontare, far scegliere o imporre. Possiamo decidere ciò che è sacro e ciò che è profano, ciò che giusto o ciò che conviene.

Nel dolore di una lacrima e nella gioia di un sorriso. Nella banalità di uno schiaffo e nella noia di uno sbuffo. Nell’intimità di un sospiro e nella tragedia di un turbamento.

Noi possiamo vivere o sopravvivere, odiare o morire. Possiamo costruire o demolire, rinsaldare o dimenticare. Possiamo mentire o delegare, approfittare o rispettare. Possiamo andare avanti o tornare indietro, guardarci allo specchio vedendo chi siamo o chi vorremmo essere.

Liberamente ispirata a:

“We can’t fall any further
If we can’t feel ordinary love
We cannot reach any higher
If we can’t deal with ordinary love”

“Non possiamo cadere più in basso di così se
non riusciamo a sentire l’amore di tutti i giorni
non possiamo andare più in alto
se non siamo in grado di gestire l’amore di tutti i giorni”

U2: “Ordinary Love” (2013)

Racconti: Volume #4

Leggeri, vagano per le sommità di questa stanza. Giocando a rincorrersi tra una parete e l’altra nell’immenso bianco. Nascondendosi tra le enormi tende e nelle profondità dell’armadio. Sfuggendo dai gelidi spifferi vicino al pavimento, tra un passo e l’altro. Riversandosi inesorabilmente nelle vicine stanze. Un singolo, meraviglioso attimo di armonia nel silenzio della casa.

Vita. Impulsi di vita che divampano in tutta la stanza uniti in una strana danza. Una forza straordinaria, inimmaginabile, una concentrazione di energia pura. Quando un impulso elettrico si trasforma in un eterno soffio di esistenza e la
musica inizia a prendere forma nella nostra anima. Quando le note ti accompagnano in una dolce melodia.

Allora andate, rompete le catene del silenzio. Attraversate le infinite distese di questa stanza, travalicate la piccola finestra e diffondetevi per la strada. Voi con la vostra potenza potete consolare l’anziano, rallegrare la giovane madre, distrarre l’infelice, fare gioire il disperato. Potete dare un senso alle insipide parole partorire in noiosi discorsi, potete dare un attimo di felicità in questi cuori da tempo malati.

Voi potete. Vibranti ruggiti di violino.

Liberamente ispirata a:

Huma-Huma: “Pachabelly” (2013)